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Maeba: menù tra “buio” e luce

Maeba: menù tra “buio” e luce

Se si decide di affidarsi completamente allo chef (salvo allergeni) e farsi trasportare nel suo mondo e in quello della concezione “Maeba Restaurant” sicuramente si sceglie il posto più adatto.

Eleganza, sobrietà e delicatezza sono alla base dell’accoglienza. Il cliente avventore diventa davvero un gradito ospite. Per lo chef Marco Caputi, il suo staff e per quello di sala non è una sfida, ma una missione: coccolarti di gusto e stupire gli occhi.

Contrasti, total white, profumi e la grande tradizione sono gli elementi per stupire nell’innovatività creativa in cucina e, quindi, a tavola.

Il rudere è stato sapientemente trasformato nel concetto “architettonico” del “Maeba Restaurant” lasciando intatta tutta la struttura, visitabile, di un vecchio frantoio di fine ‘700. Ogni nicchia racconta una storia. Dove venivano conservate le olive prima di essere lavorate, sono passate mani di contadini. Quel luogo rappresenta più di una storia. Un percorso di vita che si rispecchia nel percorso degustativo e nei consigli del sommelier (il proprietario Nico Mattia).

I piatti, come già si accennava, sono la vera “esperienza” di gusto (tema, quello della “esperienza”, tanto in voga anche in tema enogastronomia). Quell’esperienza che integra i contrasti di colori, sobri, con i profumi e note di amaro o dolce (non dimentichiamo il dolce-amaro “Yogurt, genziana e cioccolato bianco”) che accompagnano e lasciano senza parole. Ti lasciano pensare: meditare il piatto e gustarne l’idea. Mediti proprio perché il menù non è visibile, se non nella scelta del numero di portate. Anche i vini sono abbinati alla bisogna. Ne gusti l’idea perché è chiara l’impronta dello chef.

Lo chef Caputi, per il tramite del maître, ti accompagna in questo percorso fatto anzitutto di tradizione e di storia. Le lumache ne sono l’emblema probabilmente. I nostri nonni contadini, di quell’irpinia povera, mangiavano le lumache perché non vi era altro. Oggi sono un piatto prelibato.

Lo chef unisce sapientemente quei sapori poveri alle tecniche della innovatività gastronomica. Li perfeziona con i piatti, sempre sobri ma unici, dalle forme particolari. La cura per l’ospite completa la concezione Maeba.

Al termine del percorso degustazione, durante il quale il confronto delle sensazioni con il
maître e, per ciò che concerne il vino, con il sommelier è sempre vivo e sapiente ovvero ricco di spiegazioni e, al contempo, libero all’interpretazione e al gusto personale (il vero carattere dello chef che si allontana, per fortuna, dal concetto di “commerciale”), vi è un suggellamento della cena con la sorpresa che intende riassumere tutta l’esperienza eno-gastronomica (personalizzata): non vi possiamo svelare di più!

Il rimando a suggestioni altre che intende stupire perché si tratta di tutt’altro (scusate il gioco di parole) è sicuramente la “mission” della cucina Maeba. La storia racchiusa nei resti del frantoio (con tanto di sorgente naturale) e quella raccontata attraverso le etichette dei vini e dei distillati finali, nonché attraverso i piatti stessi, è la vera visione del Maeba.

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