Feste, Forchette e Fisico in Fuga: la Trilogia del “Mangia a più non posso”
Ah, le feste natalizie! Quel periodo dell’anno in cui l’orologio biologico sembra rallentare (o forse siamo noi che non riusciamo a muoverci troppo a causa del pasto abbondante), e l’unica preoccupazione quotidiana è decidere quale leccornia addentare per prima. Natale, Capodanno, Epifania: potremmo ribattezzarli le “Tre Grazie” del palato, o meglio ancora “La Trilogia del Panettone” se volessimo descrivere con un tocco di umorismo il nostro pellegrinaggio dal tavolo della Vigilia alla calza della Befana.
Lo Stomaco come Parco Divertimenti (Gastronomico)
Tutto inizia con la cena della Vigilia: un tripudio di pesce, pasta e dolci che trasforma la nostra tavola in un festival gastronomico degno di un antico banchetto imperiale. In quell’occasione, i sensi si esaltano: l’olfatto è inebriato dal profumo di vongole e cappelletti in brodo, mentre la vista è conquistata dalla varietà di colori dei piatti. E così pensiamo: “Ah, l’apoteosi del cibo! Che la festa abbia inizio!”
Il giorno dopo, quando credi di aver già dato il tuo contributo alla causa dell’abbuffata, ecco il pranzo di Natale. Un nuovo schieramento di portate si presenta maestoso sulla tavola: antipasti di ogni tipo, primi che si susseguono in una catena infinita (lasagne, tortellini, cannelloni), secondi che sembrano non finire mai (arrosti, cotechini, rollè), fino ad arrivare alla sezione “Dolci e meraviglie” (pandoro farcito con crema, panettone con mascarpone, torrone di mandorle, cioccolatini vari). E tu, stoico commensale, accogli ogni boccone come un sacro dovere, ignorando i segnali di emergenza che lo stomaco invia disperatamente.
Capodanno: Il Cenone Infinito
Non paghi di tutto ciò, ci spostiamo con un balzo temporale (si fa per dire, perché nel frattempo ci muoviamo poco o nulla) verso la notte di San Silvestro. Il veglione di Capodanno arriva per ricordarci che ogni occasione è buona per svuotare la dispensa. Lenticchie e cotechino? Certo! Si dice che portino soldi e fortuna, e a noi piace credere che un piatto abbondante di lenticchie equivalga a un corposo aumento del conto in banca. Poi via con spumante e dolci vari, in un clima di allegria collettiva che rende ancor più difficile dire di no a un ulteriore assaggio di qualunque cosa.
Nel frattempo, i jeans che indossavi a inizio dicembre diventano sempre più minacciosi: i bottini natalizi (in senso letterale) si fanno sentire, e la cerniera protesta a gran voce. Ma noi ignoriamo il segnale e continuiamo a gustare bicchieri di prosecco e a farci largo tra tartine, timballi, salatini e flambé (perché ogni piatto diventa pretesto per uno show cooking casalingo).
L’Epifania che Tutto Porta Via (Tranne i Chili in Eccesso)
E quando pensiamo che sia tutto finito, arriva l’Epifania, quella dispettosa che, secondo tradizione, dovrebbe portar via tutte le feste. Ma prima di chiudere ufficialmente il capitolo delle “abbuffate stellari”, bisogna onorare le calze della Befana. Chiuse in quei calzettoni troveremo caramelle, cioccolatini, carbone zuccherato (per i più monelli), e magari qualche mini snack salato che, in modo quasi surreale, diventa irresistibile proprio mentre tentiamo di disfarci dei sensi di colpa accumulati nei giorni precedenti. È come se la Befana ci sussurrasse: “Vai, coraggioso mangiatore, non arrenderti ora che sei così vicino al traguardo!”
L’Oscuro Lato della Medaglia: Il Girovita e lo Spreco
A inizio dicembre abbiamo abbandonato i propositi dietetici e forse li riesumeremo solo a gennaio. Ma c’è un aspetto meno divertente da considerare. Mentre ci dedichiamo al “Mangia a più non posso”, crescono in parallelo lo spreco alimentare e il senso di colpa. Avanzi di pranzi e cene ormai dimenticati, frutta secca che resta intatta, scatole di cioccolatini dimenticate: la pattumiera diventa una voragine che inghiotte piatti di ogni genere.
Secondo diverse stime, durante le festività natalizie lo spreco di cibo aumenta vertiginosamente. Più le tavole si fanno ricche e abbondanti, maggiori sono le probabilità che qualcosa venga lasciato in disparte, non apprezzato o ignorato nel turbinio di portate. È un paradosso amaro: mentre in alcune parti del mondo si lotta per un singolo pasto, qui scartiamo prodotti quasi intatti perché “non c’è più spazio” o “nessuno li vuole più”.
Una Riflessione (Seria) Necessaria
E così, mentre ci lamentiamo per i bottini natalizi che finiscono sui fianchi, fermiamoci a pensare a chi non ha abbastanza da mettere nel piatto, nemmeno durante le feste. Il Natale, momento di condivisione e calore umano, rischia di trasformarsi in un frenetico eccesso di consumi. Forse dovremmo riflettere su come moderare gli sprechi e trovare modi più consapevoli e generosi per celebrare.
Non c’è nulla di male nel godersi un buon cenone o un dolce tipico, ma festeggiare significa anche pensare agli altri. Se ogni famiglia riducesse un po’ le quantità, se comprassimo con più intelligenza, se sfruttassimo meglio gli avanzi (magari congelandoli o reinventandoli in nuove ricette), faremmo un grande favore al pianeta e a noi stessi.
Alla fine, ciò che conta non è quanto riusciamo a mangiare ma quanto riusciamo a condividere. Il vero spirito del Natale non sta nel moltiplicare le calorie, ma nel moltiplicare la solidarietà. Mangiamo, ma ricordiamo anche chi non ha nulla nel piatto. E magari, in quest’abbuffata collettiva, rispolveriamo un po’ di buon senso. Perché, a conti fatti, se Natale è il momento di dare, la cosa più preziosa che possiamo donare è la consapevolezza di non sprecare.