Osteria Vittoria: il paradigma della “ritornanza” secondo Alex Recinelli

di Giuseppe P. Fazio

Termoli, un groviglio di strade che dal corso principale si dirama nella parte più antica della città, a ridosso del vecchio borgo marinaro, sullo sfondo del castello Svevo di federiciana memoria.
In una sera di settembre, che già lascia intravedere il prossimo autunno, l’Osteria Vittoria, defilata in una stradina secondaria rispetto ai ristoranti della zona, si rivela all’improvviso e sembra quella giusta per una serata in compagnia degli amici di sempre: pochi tavoli all’esterno del locale, ed un servizio che da lontano già colpisce per il suo rifuggire la più comune frenesia.
Accorgendosi di noi, il personale ci accoglie con estrema gentilezza, raccogliendo le nostre richieste e guidandoci verso un percorso fatto di pochi semplici ingredienti, sapori autentici e passione vera.


La cena si svolge con il ritmo di una ballata del mare salato – la buona compagnia è un ingrediente fondamentale – alternando sapori, consistenze e rimandi alla cultura popolare del luogo, senza tralasciare uno sguardo all’innovazione. Alex, il proprietario, chef di una brigata a conduzione familiare, ci raggiunge tra una portata e l’altra, raccontandoci i suoi piatti, le sue amate creazioni e l’ispirazione che lo ha guidato verso il desiderio di ritornare a casa dopo alcuni anni passati in giro per il mondo ad apprendere l’arte culinaria.


Il profumo è quello di una notte stellata, quando l’aria fresca e frizzante stuzzica la pelle; il sapore, quello del mare, del pescato fresco, delle uscite in acqua e dei rientri all’alba.


L’intera serata è un viaggio di straordinaria bellezza alla scoperta di un luogo ancora da completare, edificato sulla certezza degli affetti, ma non ancora immaginato nella sua interezza: la sensazione è quella di partecipare, in qualche modo, alla sua definizione, al completamento di una visione solo accennata.


L’Osteria Vittoria è da provare… e non solo per l’ottima cucina “neoclassica”, ma anche, e forse soprattutto, per la bellezza della storia che racconta: una storia dove il viaggio di scoperta intrapreso, fin da subito, ha tracciato un sentiero per il ritorno alle origini.


Se volessimo farci avvolgere dalle emozioni, un libro da leggere potrebbe essere Il gabbiano Jonathan Livingston di Richard Bach; una canzone da ascoltare We Are Never Apart di Nick Mulvey; un quadro da ammirare Pescatori in mare di William Turner.

Con Chef Alex Recinelli

VILLA SIRENA: Benvenuti a casa di Chef Agostino Posillico

Ebbene si! Agostino Posillico, fino all’età di 16 anni, viveva proprio a Villa Sirena. Non è nuovo del mestiere, nonostante la sua giovane età. E diversi sono i motivi: il primo è quello che riguarda proprio Villa Sirena. La sua famiglia è sempre stata proprietaria di questa graziosa villa per ricevimenti. L’altro motivo riguarda le principali esperienze (cosmopolite) di chef Agostino (Four Season Milano ; Principe di Savoia Milano e come Chef nel ristorante Lentini’s a Torino).

Vogliamo in questa sede mettere in evidenza l’umiltà di Agostino ma allo stesso tempo la sicurezza del proprio talento e del proprio impegno. Non li ostenta ma li sfrutta nel migliore dei modi in cucina.

La nostra visita a Villa Sirena comincia dall’accoglienza dell’altrettanto giovane Angelo Iannotta, uno di famiglia ormai, maitre di sala e il primo contatto per coloro i quali decidono di festeggiare un evento a casa Posillico.

Una struttura moderna, immersa nel verde di olivi e palme. L’acqua è la componente principale: con un gioco di piccole cascate e fontane dall’esterno arrivano all’interno della sala Agave Victoriae. Pergolati, prato inglese e spunti shabby chic, con accenni al contemporaneo, sono un po’ il tema che racchiude tutta la scenografia di Villa Sirena, senz mai cadere nel trash.

Il nostro incontro procede poi nella sala Dafne (che, assieme a Sophora tramite un grande portale mobile, riesce a contenere fino a 300 posti a sedere). La sala è tutta per noi e lo chef è tutto per noi: ce lo “dividiamo” solo con la stupenda Ginevra, figlia di Agostino, e con la compagna Santa.

Abbiamo gustato una cena che tende davvero a dei livelli alti. L’esperienza cosmopolita di Agostino è ben presente nei piatti. Il suo voler assaggiare tutti i sapori (si definisce un “golosone”) ed in particolare assegnando alle proprie creazioni tendenze orientali ed attenzione ai vegetali sono caratteristiche uniche di Posillico. Allo stesso tempo sono presenti le tradizioni di famiglia: ad aiutarlo in cucina ci sono mamma e zia. Altro elemento di tradizione, sempre familiare, riguarda l’attenzione ai prodotti ittici, gestendo anche un’attività di pescheria.

La cena prosegue con uno show cooking in sala. La sua esperienza milanese gli consente oggi di poter lavorare dei risotti ad alto livello. Per la serata ci propone proprio un risotto ai frutti di mare: chiaramente la tradizione è nel nome e nelle basi, ma la preparazione è contemporanea, colorata e pluri gustosa.

Chef Agostino Posillico

Crema di basilico, nero di seppia, le vongole nascoste (classico della storia culinaria), molluschi con gratinatura, il crudo di gambero. Affascinante, non solo per la bontà del piatto, ma per il racconto che Agostino ci fa durante il suo show. Vogliamo mettere in evidenza che sicuramente lui è al centro della “scena”. Ma chef Posillico riesce ad essere solo lo strumento con il quale il piatto resta l’unico protagonista.

Questa semplicità di Agostino ci impressiona e, letteralmente, ci emoziona. Al contempo il giovane chef, senza mai prevalere (caratterialmente innanzitutto) riesce a “imporre” la sua idea innovativa in un contesto in cui la tradizione resta ancora forte.

Abbiamo poi parlato di investimenti. Lui ha investito su se stesso. Ha fatto tanti sacrifici e, anche per poche decine di euro come rimborso, riusciva ad imparare e farsi “notare” dai suoi tutor chef che lo osservavano da lontano (soprattutto quando lavorava i prodotti ittici).

Ci racconta che, con non poche difficoltà e già alla sua giovane età, è stato responsabile di altrettanti 30 chef.

Poi però è tornato a Durazzano: il covid ha rappresentato una vera e propria linea di confine. Una scelta che non ha comunque rinnegato. Anzi gli consente di mettersi in gioco e di vivere sempre una nuova esperienza.

Oggi è alla ricerca di collaboratori validi e che siano in grado di affrontare il difficile lavoro della ristorazione.

Abbiamo molto apprezzato Agostino, innanzitutto in tutti i suoi piatti, dei quali vogliamo ricordare, in particolare: Lo spaghetto aglio e olio con polpo; Risotto ai frutti di mare; Tonno scottato con anguria. Ma ancora più abbiamo apprezzato le sue qualità umane che si rispecchiano a pieno nel suo lavoro e nei suoi piatti di qualità.

Lo incontreremo ancora per “testarlo” nella sfida della carne: non mancheremo, è una promessa.

In Versilia per l’ultimo assaggio d’estate.

A cura di Paolo Formato

Per l’ultimo assaggio d’estate ci imbattiamo per puro caso nel MaMe Restaurant, aperto da pochi mesi da Marco e Filomena, una giovane coppia in cucina e nella vita, che dopo aver lavorato diversi anni nel nord Italia hanno deciso di tornare a casa ( Marco è originario di Camaiore) e mettersi alla prova! Il locale risulta ben arredato con una parete in pietra che lo rende ancora più autentico, ma senza dubbio la cucina a vista dà un’atmosfera “calda” e ricercata. Il menu propone quattro tipologie di piatti per ogni portata oppure la possibilità di fare un percorso a scelta dello chef.

Noi optiamo per una “volevo essere una parmigiana” ed uno “spaghetto aglio olio e peperoncino con vongole e rena”, che fanno subito capire che lo chef ama dare ai suoi piatti un tocco di innovazione senza perdere di vista la tradizione. La serata scorre leggera mentre gustiamo un vermentino toscano della cantina Le Calle, circondati da un servizio accogliente ed attento.


Proseguiamo la cena con un “cacciucco in emulsione” è un “ombrina boccadoro crema di scarola, cuore di bue, pinoli e cipolla agra che, oltre a confermare la ricerca di novità anche nella presentazione dei piatti, esaltano la qualità della materia prima utilizzata. Dopo un ultimo sorso di vino eravamo pronti a considerare terminata la cena, ma poi siamo stati attratti dal tiramisù “a modo nostro” e abbiamo deciso di provarlo. E meno male! Una versione davvero nuova formata da uno spumoso di mascarpone con polvere di caffè con cuore di granita al caffè. Una vera delizia il cui merito è tutto di Filomena, campana d’origine, che in pasticceria sviluppa lo stesso progetto di dare un futuro a ricette tradizionali. Alla fine per chiudere la cena ci vengono offerte due praline di cioccolato bianco con polvere di caffè e cuore di sambuca, che ci lasciano senza parole.

Un’autentica esplosione di gusto! Ed allora non ci resta che fare un grande in bocca al lupo a due giovani simpatici ed appassionati che siamo sicuri sapranno farsi apprezzare nel tempo. Infine un consiglio a Marco: tieniti stretta Filomena nella vita…ma anche in cucina. A presto rivederci

LA CIACOLA, tra cicchetti e specialità venete a Breganze

A cura di Chiara Trò ( @calicivagabondi )

Qualche giorno fa, a distanza di anni, sono tornata in una zona nella provincia di Vicenza, a me molto cara. Siamo a Breganze, patria del vino bianco Vespaiolo e del dolce Torcolato, ottenuti entrambi da uva Vespaiola.

Essendo arrivata per l’ora di pranzo, decido di effettuare una breve ricerca su internet per cercare un posticino dove poter mangiare. È così che ho scoperto “La Ciacola”, un locale affacciato sulla piazza principale, dove si può sia comprare vino che assaggiare piatti della tradizione veneta.

Il locale è raffinato e curato, l’arredo presenta sia elementi moderni sia pezzi più antichi creando una bella armonia e un bel clima accogliente.

La carta dei vini al calice ha una bella scelta e io mi sono lasciata consigliare da Stefano che mi ha accolto molto gentilmente. La proposta della “bollicina del giorno” era un interessante metodo classico portoghese, il “3B” Rosè Non Dosato della cantina Filipa Pato.


Questo particolare rosè si presenta di un bellissimo rosa corallo intenso. Al naso è molto intrigante: uva fragola, prugna e geranio si fondono a tocchi speziati di chiodo di garofano. Anche all’assaggio il vino si rivela speziato ma è molto piacevole. La bolla è finissima e il finale è persistente.

Ho iniziato il pranzo con una selezione di cicchetti, piccoli assaggi o stuzzichini della tradizione veneziana. Quel giorno il piatto prevedeva: un tortino all’uovo con finferli, tartufo e paprika; una fettina di formaggio di brie de Meaux tiepida con sopra una mostarda ai fichi; la specialità della Ciacola e cioè il pollo in saor; un hummus di ceci e spinaci con un pomodorino confit; una polentina con i finferli; delle polpette di melanzane; dei calamari fritti e alcune fette di coppa di Langhirano.

A seguire ho ordinato un piatto tipico dell’alto vicentino… i gargati con il consiero.
I gargati sono un tipo di pasta all’uovo tipici della provincia di Vicenza prodotti con farina di grano tenero e semola di grano duro fatti a forma di tubetto rigato, una sorta di maccheroncino ma più spesso e consistente.
Il tipico sugo per condire questo particolare tipo di pasta è il consiero, una ricetta povera che deriva dalla tradizione veneta contadina. Infatti, proprio per questo motivo, non esiste una vera e propria ricetta catalogata ma i pezzi di carne e le verdure cambiano a seconda delle stagioni.
Quello proposto alla Ciacola era di carni bianche, insaporito con lardo e con un piacevolissimo tocco speziato di cannella.

La speziatura del ragù e i sentori di chiodi di garofano del vino si sono amalgamati perfettamente.

Il pranzo si è concluso con un caffè servito al tavolo direttamente con una piccola moka.

Antico Mulino a Vejo: potenzialità di una location storica

Il Mulino

Il nostro girovagare gustando non si ferma mai. Spesso i nostri amici ci chiedono di visitare locali davvero interessanti. Lo abbiamo fatto ancora una volta: ci è stato proposto di visitare l’Antico Mulino a Vejo.

La cantina

Diciamo sin da subito che il parco storico-naturalistico in cui è “ambientato” l’Antico Mulino a Vejo ci ha particolarmente colpiti, anche se, senza troppi giri di parole, c’è tanto da fare. O meglio, c’è tanto che la proprietà vorrebbe fare ma i vincoli burocratici a cui il sistema Italia è soggetto non lasciano spesso spazio a investimenti. Le potenzialità della location ci sono. La volontà della proprietà anche, ma hanno tutto il tempo per migliorarsi e migliorare ciò che vi è intorno.

Antipasti di terra

Attraversato il ponticello con la cascata entri in un ristorante molto semplice, ma, al contempo, ti lascia sorpreso per alcuni dettagli molto particolari: la grotta-cantina è la prima che ti attira. La seconda è la “traversata” del ponticello che dà sul corso d’acqua e ti accompagna alla terrazza dove abbiamo gustato una cena di tutto rispetto.

I piatti non ci deludono, anzi. Sotto certi aspetti sorprendono poiché, vista l’ambientazione semplice e non propriamente “gourmet”, vengono presentati davvero con cura estetica e colori particolari, senza dimenticare gli abbinamenti dei cibi. La carta dei vini niente male (sempre in rapporto al locale) con delle chicche “a sorpresa”. Un servizio dignitoso che fa dimenticare, ove ve ne fossero, alcune piccole mancanze.

La scarola

A fine cena (come nostro solito) abbiamo avuto una piacevole conversazione con il titolare. Un uomo che ha fatto del lavoro la sua vita. Non si è mai adagiato e non si adagia.

Tonno con salsa al mango

Ha deciso di avventurarsi nella ristorazione e con non pochi risultati sta riuscendo nel suo scopo. Il suo carattere “familiare” e molto socievole rende ancora più piacevole la serata.

Il dolce dello Chef

Crediamo molto nelle potenzialità del locale e della location. Speriamo davvero tanto che gli “investimenti” cui la proprietà vorrebbe far fronte per migliorare maggiormente l’Antico Mulino possa riuscire a farli: ne gioverebbe anche la riserva naturalistica!

DURAZZANO – GUSTARTE: eventi che fanno bene ai territori.

L’Italia è il Paese in cui, più di tutti probabilmente, la ruralità e i prodotti di nicchia, a nostro parere, caratterizzano il sistema turistico in un’ottica globale.

Con particolare riferimento all’enogastronomia non possiamo non parlare di eccellenze di prodotti, l’unicità dei nostri vini, con l’attenzione messa alle tecniche di preparazione e produzione “vedendo” all’estero.

Inoltre, di questi prodotti, l’Italia è piena, ed in particolare nel mezzogiorno, delle famose “sagre”. In quest’ottica (“sagra” nel senso più aulico possibile) proprio la Regione Campania ha inteso, con la programmazione finanziaria POC 2021-2022, promuovere più i percorsi culinari e turistici che, come fatto per la precedente, la componente artistica.

Durazzano ha aderito a questa linea di finanziamento e ottenuto il contributo per per Gustarte.

L’evento atteso da due anni, ritorna dopo la pandemia, con un percorso di eccellenze.

Il primo plauso va agli organizzatori. Non siamo nuovi di organizzazione eventi e conosciamo benissimo le dinamiche, in particolare in manifestazioni del genere: i sacrifici, il lavoro e la pazienza dei giovani organizzatori va premiata. Ne abbiamo apprezzato la logistica, i tempi e l’estetica scelta. Durazzano, poi, merita di poter ospitare un simile evento.

Sommelier e maitre di sala Gianna Piscitelli – Agape

Altro apprezzamento va agli “espositori”: vere eccellenze del territorio e degni rappresentanti delle idee e degli investimenti (in termini monetari ma soprattutto di forze e emozioni) che in questo difficile periodo sono sempre più rari.

Executive Chef Gabriele Piscitelli – Agape

Non possiamo non menzionare lo show cooking di chef Piscitelli di Agape. Di lui e del suo progetto Agape, condiviso con la sorella Gianna, abbiamo già parlato nel nostro precedente articolo.

Dario Riccardi – Agape

Abbiamo potuto, in questa occasione, apprezzare sicuramente la passione, da cui nasce tutto, ma, soprattutto, il duro lavoro, la dedizione e la voglia di imparare per migliorarsi e migliorare.

Non possiamo non menzionare gli altri amici, cui presto faremo visita, Beniamino Clemente della cantina “Masserria Frattasi”.

Executive Chef Agostino Posillico – Villa Sirena

lo chef Agostino Posillico di “Villa Sirena” e l’internazionale (poi capirete perché nel nostro prossimo articolo) Carmine Pascarella di “Guardanapoli”.

Con Carmine Pascarella patron di Hotel Guardanapoli

Insomma un evento che ha fatto bene al nostro territorio, con la speranza che possa diventare, anche questo, un’attrattiva concreta per investitori e turisti.

Metti una sera a cena nella casa di Vizi di Mare

Tre aree, finemente arredate, l’una diversa dall’altra. Colori e dettagli caratterizzano ciascuna di esse. Una vera e propria casa: un giardino, la zona notte e il soggiorno. Tutto questo (ma anche altro) è “Vizi di Mare”.

Un ambiente che ci ha lasciati davvero senza parole. L’arredamento è molto “chiccoso”, ma, al contempo, ti coinvolge e ti trasporta, sin da subito, in quello che sarà il percorso gastronomico della serata.

Il nome del ristorante non ti lascia alcun dubbio. E a confermare le prime impressioni vi è certamente la qualità del pesce servito e, quindi, dei piatti presentati. In linea con lo stile dell’ambientazione, i piatti racchiudono colori, consistenze, linee e curve: davvero ottimi.

Sapete benissimo che a noi non piace recensire quanto raccontare le nostre emozioni. Ebbene, siamo stati ospiti di “Vizi di Mare” alla riapertura, dopo le ferie.

Siamo, ahinoi, capitati nella serata in cui la società dell’energia elettrica stava effettuando improvvisi lavori sulla rete. Queste difficoltà non hanno spaventato Luca, direttore del ristorante.

La sua caparbietà e il suo coraggio vengono fuori proprio nel momento in cui l’energia elettrica viene interrotta lasciando al buio gli ospiti. Luca si prodiga immediatamente e, continuando a servire e raccontare vini, predispone delle stupende candele ad olio (dal design retrò e super chic) sui tavoli, dando agli ospiti la sensazione di una trovata per un’atmosfera del ristorante e non di un guasto. Insomma, come già evidenziato, il coraggio non manca.

L’inventiva non manca. E tutte queste attenzioni estetiche e di gusto ti viziano.

Michele De Crosta, un veterano dei migliori ristoranti italiani, ci ha accompagnati in questo viaggio “vizioso”.

Noi ne siamo rimasti affascinati e non mancheremo di ritornare per apprezzare, certamente, le nuove proposte di Vizi di Mare.

Cucina fermentata & vini naturali

A cura di Miriam e Andrea ( @miry_andre )

Serata di fine agosto, Milano…

Abbiamo scelto questo ristorante aperto da pochissime settimane, dopo aver letto un articolo che parla di due ragazzi coraggiosi, intraprendenti ed innovativi! Lei, Mariasole Cuomo, giovane chef preparatissima con un bagaglio di esperienze e studi di prim’ordine: laurea in Scienze Gastronomiche di Pollenzo, master in Food Innovation and Health a Copenaghen, Nordic Food Lab e tirocinio al Noma Fermentation Lab, niente male eh? Lui, Giacomo Venturoli, dopo anni di preziosa esperienza in cucina al Clove Club, allo Sketch di Londra e al Baest di Copenaghen, dopo una laurea in Global Studies alla Roskilde University, che troviamo in sala pronto ad accoglierci.

Ci sediamo nella sala interna essenziale ed accogliente: ci portano il menù spiegandoci che è fisso (cambia ogni settimana!) e in condivisione, accompagnato dalla carta dei vini, che ha la particolarità di essere costituita soltanto da vini naturali, che Giacomo sceglie personalmente da piccoli produttori sia italiani che stranieri… c’è veramente l’imbarazzo della scelta, dall’Austria alla Slovenia, alla Spagna, all’Italia…  Tutte le bottiglie sono esposte in una scaffalatura nella sala: ci sono etichette meravigliose e originali, ci viene voglia di provarli tutti!

Chiediamo consiglio a Giacomo, che giustamente sottolinea l’importanza del gusto personale che deve essere prioritario affinché la cena sia gradita al massimo: ce ne descrive diversi e ci fa assaggiare un orange wine, Sempre in due, dell’azienda agricola Fra i Monti, della provincia di Frosinone e ci racconta che sono due amici che si sono dedicati alla produzione di vini naturali, senza avere tradizioni familiari, ma giusto per la passione del vino!

E’ molto buono e particolare, con un colore tendente al dorato, salino ed elegante, di sicuro interessante e da mettere nella lunga lista dei produttori da andare a trovare!

Scegliamo però di optare per un vino rosso spagnolo, de La Mancha, Paeriza: ottenuto dai vitigni Tinto Velasco, Syrah ed Airen (a bacca bianca!), di un bellissimo colore rosso rubino, colpisce per i sentori erbacei, balsamici e fruttati.

Iniziamo con questo originale e innovativo menù a base di fermentazione e arrivano i primi tre piatti, gli antipasti:

  • pane da lievito madre in cassetta con panna acida e sesamo fermentato,
  • relish di verdure, lime, erbe e verdure fermentate
  • cetrioli abbrustoliti e fermentati con pancetta fatta in casa alle cinque spezie.

Sono eccezionali, con gusti diversi dal solito, che solleticano le papille gustative proprio per questa particolarità data dalla fermentazione di alcuni ingredienti; siamo soprattutto colpiti dal relish, perchè ogni elemento freschissimo, si sente distintamente, ma nell’insieme c’è un equilibrio  fresco, fantastico!

Proseguiamo con un piatto appena introdotto nel menu, la battuta di cuore di vitello, con miso di fagioli di Controne e rafano: ci è piaciuta moltissimo già alla vista, figuriamoci al gusto, con quel meraviglioso mix di sapori dato dalla cremina sottostante e i piccolissimi pezzettini di carne tenerissima!

É il momento dei tagliolini freddi, pomodoro fermentato, cozze marinate e aglio orsino (raccolto da loro al Parco di Monza): che emozione, ce lo porta proprio Mariasole, che lo spiega nei particolari e ce lo fa gustare prima ancora di assaggiarlo… in effetti è davvero buono! Quelle cozze poi… ti esplodono in bocca letteralmente!

Conclude il menu un piatto avvincente e gustoso, il capocollo frollato nel koji, con riduzione di koji latto-fermentato, spinacio d’acqua: caspita, è stato difficile dividerlo, perchè era veramente pazzesco e ne avremmo ordinato un altro piatto a testa! La carne si scioglieva in bocca e l’abbinamento con la salsina e lo spinacio era favoloso!

Invece abbiamo chiesto due fuori menu, perchè con una cucina così particolare, non si può non assaggiare anche il dessert e li abbiamo provati entrambi, sempre in condivisione, come da filosofia del locale:

  • torta al vapore, burro bruno, zabaione e susine fermentate
  • crema di riso e cocco al forno, percoche fermentate e scalogno fritto

Un tripudio di sapori e consistenze: la morbidezza della torta, il contrasto tra il cremoso zabaione e la leggera, sorprendente acidità data dai pezzettini di susine fermentate, la delicatezza della crema di riso perfettamente armonizzata con le percoche e… lo scalogno!! (In un dolce?? Ebbene sì!)

In abbinamento con questi ultimi piatti, Giacomo sceglie il Vermouth del Professore, un prodotto torinese eccezionale, che valorizza i nostri dolci.

Siamo troppo contenti di essere stati tra i primi a provare questo luogo di sperimentazione e innovazione: abbiamo visto negli occhi di Mariasole e Giacomo la passione, la sfida e la voglia non solo di riuscire in questo progetto, ma il desiderio di far conoscere piatti diversi, con tecniche che non sono ancora così diffuse, ma che danno piatti originali e con sapori piacevolmente insoliti. In bocca al lupo, Ragazzi, vi auguriamo davvero un successo strepitoso!

NEL MONDO DEI BAROLI: LA TRADIZIONE DEI PODERI MARCARINI

a cura di Miriam e Andrea ( @miry_andre )

Alla nostra gita nelle Langhe non poteva mancare la visita ad una storica cantina del Barolo: abbiamo scelto l’Azienda Agricola Poderi Marcarini.

Siamo nel centro storico di La Morra: percorriamo le viuzze, fino a giungere ad una porta in legno e vetro che ci fa accedere ad un piccolo show-room, inaugurato di recente e dedicato all’accoglienza e alle degustazioni.

Marcarini Wines

Elena ci viene subito incontro e con grande entusiasmo ci guida alla  scoperta delle cantine di questo edificio del XVIII secolo.

Entriamo nel primo ambiente e siamo circondati da grandi serbatoi di acciaio, in cui avvengono le prime fasi della produzione. Questa famiglia, che si occupa di vino da ben sei generazioni, adotta sistemi tradizionali sia nella vinificazione, che nella coltivazione, (la maggior parte della raccolta è fatta rigorosamente a mano!) ma non rinuncia all’innovazione tecnologica per i macchinari utilizzati. Coltivano Arneis, Dolcetto, Barbera, Nebbiolo e Moscato, ottenendo da essi una decina di vini tra cui tre Baroli (e uno chinato).

Ci addentriamo ora nella bottaia: ogni pezzo è rigorosamente in rovere di Slovonia e mentre Elena ci racconta con passione la filosofia aziendale e le tempistiche di “riposo” dei loro vini, siamo incantati dall’atmosfera suggestiva dell’ambiente. Fuori dalla finestra il nostro sguardo si perde nell’infinito paesaggio collinare, che illuminato dalla luce del caldo sole pomeridiano, evidenzia meravigliose geometrie con i suoi vigneti e noccioleti.

Qui ci viene mostrata anche la tipologia del terreno marnoso della zona: lo possiamo guardare attentamente e toccandolo ci viene da pensare che sia proprio uno degli elementi fondamentali per questi loro vini.

Tornati nello show-room scegliamo la degustazione dei tre Baroli: il Barolo del Comune di La Morra 2018, il Barolo La Serra 2018, il Barolo Brunate 2017 (accompagnati dalle deliziose nocciole, sia dolci che piccanti, sempre di loro produzione… una prelibatezza assoluta!).

Il Barolo del Comune di La Morra, dallo stile tradizionalista, è stato prodotto con le uve aziendali provenienti da tutti i vigneti di La Morra; il Barolo La Serra e il Barolo Brunate derivano invece da specifici cru da cui prendono il nome.

Nonostante la “tenera età” dei primi due Baroli, si riconosce subito il carattere distintivo del Nebbiolo; sono vini eleganti, hanno entrambi un bel color granata con riflessi rubini; il primo al naso ha prevalenza di sentori floreali, il secondo ha in aggiunta anche spezie e liquirizia.

I primi due ci colpiscono piacevolmente, ma è il Barolo Brunate ad entusiasmarci maggiormente e ad avvolgerci con la sua raffinata complessità e le sue inebrianti sfumature di vaniglia, tabacco e sottobosco.

Degustazione conclusa con il botto, insomma! Non ci resta che ringraziare e salutare chi ha reso preziosa questa esperienza, approfondendo la nostra conoscenza sul mondo del Barolo e facendocene apprezzare le diverse sfaccettature.

Teo Musso, irrequieto genio della birra artigianale italiana

A cura di Miriam e Andrea ( @miry_andre)

Con Teo Musso

Domenica 14 agosto arriviamo nella piazza principale del piccolo paese di Piozzo, dove molte altre persone, grandi e piccini, stanno attendendo di partecipare alla visita del Birrificio Baladin… ah no, non è vero, prima veniamo radunati nello storico pub, sotto un “tendone da circo”, dove Teo, man mano che entriamo, ci accoglie e si informa sui nostri luoghi di provenienza.

Baladin Open Garden

Ci spiega che questa esperienza sarà una specie di “messa” con tanto di omelia, processione ed eucarestia; aggiunge che la sua “omelia”, volutamente sfalsata di orario da quella del suo amico parroco, sarà lunga e precisa ironicamente che non si offenderà, se qualcuno se ne andrà prima della fine… il clima è interessante e ridanciano, perchè lui ha già catturato l’attenzione di tutti.

Teo Musso racconta la sua storia

Ci racconta dettagliatamente la sua storia: dall’incontro con il circo dell’amico François, ai tredici giorni trascorsi con loro nella lentezza, dai primi esperimenti di birrificazione,  al birrodotto che trasferiva il mosto dalla produzione nella piazza al mitico pollaio di famiglia. Una storia avvincente che ci tiene tutti incollati alle sue labbra, perchè è carismatico e ci porta quasi a “vedere” ogni tappa, ogni conquista ottenuta in questi anni.

É emozionante ascoltare dal vivo il “padre” della birra artigianale italiana che si svela man mano, tra passato, presente e futuro, perchè come dice lui, è un “irrequieto” e non può non avere già in testa molte altre nuove idee, come quelle già realizzate: primo tra tutti il mitico bicchiere teku, i cocktail in lattina, le bibite in bottiglia, i distillati, la birra metodo classico…

La prima parte, la sua “omelia”, trascorre velocemente, così, in “processione” ci trasferiamo al Baladin Open Garden, nel fondovalle di Piozzo.

Qui Teo ha creato, da una vecchissima cascina diroccata, uno dei birrifici più tecnologici al mondo, immerso in un bellissimo parco. Prima di visitarlo, ci fermiamo nella parte dedicata alla ristorazione e alle birre e ce ne concediamo una eccezionale, la SUD: una witbier elaborata ripensando ai sapori, colori e profumi del Meridione, dove infatti puoi sentire al naso, ma anche in bocca, cereali ed agrumi con una bella nota luppolata.

Le botti per l’invecchiamento delle birre speciali della linea Xyauyu

Mentre il primo gruppo si avvia con un “vicario” nel cuore della produzione, noi, guidati da Teo, visitiamo con l’altro gruppo, tutti gli spazi meravigliosi creati in questa cascina ristrutturata con cura.

Infine arriviamo anche noi alla visita del birrificio vero e proprio: la tecnologia è fantastica, gli spazi sono enormi e funzionalissimi: si parte dalla stanza in cui si raccolgono i cereali (piccolo particolare, producono tutto loro!!), a quella con i tini in acciaio per cottura e bollitura del mosto, ad un altro spazio in cui vengono sapientemente trattati i lieviti, fino all’immensa sala di fermentazione e alle botti che contengono altre pazzesche idee innovative di Teo: ad esempio la Xyauyù, che assaggiamo (particolarissima quella invecchiata in botti che avevano precedentemente ospitato il Laphroaig), concludendo così “la messa di Teo” con “l’eucarestia”.

Il percorso è terminato, ci soffermiamo ancora qualche minuto a chiacchierare con questo genio indiscusso della birra e non solo, questo irrequieto uomo che ha fatto della sua vita una serie di sfide che sembravano impossibili ed invece sono riuscite alla grande e siamo grati e felici di averlo conosciuto ed ascoltato.

Non ci resta che passare dallo shop, quindi pranzare, scegliendo tra le numerose proposte: optiamo per due super hamburger e due birre: una splendida, beverina, amaricata, rossa, L’IPPA (una IPA all’italiana!) e l’altra, la MAMA KRIEK, a base di ciliegie griotte tipiche della zona, dedicata alla mamma. Una fantastica  conclusione per questa mattinata fuori dagli schemi!

Consigliamo assolutamente di dedicare una giornata a questa esperienza davvero imperdibile e soprattutto di assaggiare ciascuno dei prodotti Baladin!