SAPORITALY: dove l’Irpinia è di casa.

Antonio Magliacane e Geda Dell’Anno sono i patron di Saporitaly. Un progetto nato circa sei anni fa, dopo l’esperienza europea di chef Magliacane.

Il locale esprime tutta la sua modernità ma allo stesso tempo ti fa sentire avvolto nel calore della tradizione irpina: le carni a vista e le bottiglie di vino che, come opere d’arte, stagliano sui muri dai colori neutri.

Pecora alla scapece

Da Saporitaly c’è tanta irpinia: il capretto, la sopressata, il caciocavallo, il cinghiale, l’agnello, le zuppe e le minestre.

fagioli con tartufo

Magliacane attraverso queste eccellenze territoriali riporta a sapori di un tempo e, grazie alle sue esperienze extra italiane, ne dà un tono di freschezza e di qualità. L’azienda agricola di famiglia, capeggiata dal “boss” Vincenzo il quale con lodevole passione dona ai palati, anche quelli più esigenti, il gusto dei propri salumi rigorosamente a chilometro zero. La maestria nella cura delle carni è certamente il “marchio di fabbrica” della famiglia Magliacane che Antonio ha saputo magistralmente trasferire nei suoi piatti. Probabilmente anche il richiamo nella denominazione all’Italia è la rappresentazione di quello che sarà poi il pranzo: l’eccellenza italiana del cibo. Allora, Magliacane può rientrare a pieno tra gli ambasciatori di questa tradizione, dell’eccellenza irpina. E non ci riferiamo solo alle tipologie di ingredienti utilizzati, ma anche al modo di lavorarli e, quindi, cucinarli.

tagliolino al tartufo

Non per utilizzare lo stile da recensione, ma ci preme segnalare alcuni dei piatti proposti: la “pecora alla scapece” e il “cinghiale con le papaine”, senza dimenticare la pasta fresca artigianale espresse nel piatto “tagliolini al tartufo bianco”.

La carta dei vini non è amplissima, ma grazie a Geda abbiamo potuto constatare l’accuratezza nella scelta dei pochi vini in cantina i quali rappresentano comunque delle eccellenze (anche di nicchia) dei territori.

con Chef Antonio Magliacane e Geda Dell’Anno

Conoscendo la fama anche sui prodotti ittici, saremo costretti (una costrizione di piacere la nostra) a tornare.

ingresso Ristorante

GUARDANAPOLI: storia di una famiglia.

Guardanapoli entra a pieno nel nostro lunghissimo elenco di “luoghi” cui fa visita. Oramai avete imparato a conoscerci, siamo lontani dalle solite “recensioni” (almeno questo è il nostro intento). Ci piace, piuttosto, sottolineare e raccontare ciò che più ci ha colpito delle storie che vi sono dietro i locali.

Abbiamo avuto modo di conoscere la famiglia Pascarella per il tramite del suo esponente più giovane. Carmine ci ha da subito colpiti sin da quando lo incontrammo la primissima volta a Durazzano durante l’evento “Gustarte” (http://www.idueghiottoni.com/2022/09/08/durazzano-gustarte-eventi-che-fanno-bene-ai-territori/). Lo abbiamo definito “internazionale”: ve ne dovevamo dare conto e lo facciamo raccontando la sua “Guardanapoli”.

Ristorante della tradizione legata alle cerimonie che però punta molto alla sperimentazione (quest’anno festeggia i 50 anni di attività).

La location si affaccia (anche se un po’ in lontananza) sul golfo di Napoli: suggestiva la vista nelle giornate serene. Dal terrazzo superiore (oggetto di una prossima riqualificazione di cui non possiamo svelarvi nulla) si gode della vista sul parco interno, in cui molte cerimonie vengono allestite nel segno della natura e della tranquillità.

La spicciolata e la pizza richiamano indiscutibilmente (e volontariamente) i sapori della tradizione culinaria napoletana. Il gourmet lascia spazio, da Guardanapoli, all’attenzione al gusto e alla qualità dei prodotti. L’insalata di polipo merita una menzione speciale, al pari della frittura e del fusillo avellinese con seppie, zucchine e gamberetti.

Carmine è un imprenditore moderno, grazie anche alla disponibilità dei genitori che gli hanno lasciato autonomia decisionale. Il suo sprint giovanile, la sua volontà di ampliare le proprie opportunità di crescita lo rendono davvero “internazionale”. Il suo impegno maggiore, assieme a quello di tutti i suoi familiari, è dedicato al marchio “Le Prelibatezze di Nonna Rosa”. La storia che rappresenta Donna Rosa è una storia di valori, di sacrifici, di legami: è la storia di una famiglia che, attorno alle colonne portanti (i più anziani), ispira il proprio futuro e la propria crescita.

A Carmine va tutto il nostro plauso per l’impegno nel suo lavoro e anche nello studio: approfondisce quotidianamente il proprio agire professionale affinché l’improvvisazione possa lasciare spazio a competenze che per il mondo del food business sono sempre più importanti.

Come pure ammiriamo i sacrifici di tutti i componenti della famiglia che, con esemplare sensibilità, ogni giorno lavora e investe per i propri dipendenti i quali diventano anch’essi protagonisti del mondo “Guardanapoli”.

Calafià : l’Irpinia che ci crede

di Renato Maffei

A pochi chilometri da Avellino, nella terra del Fiano, nasce Calafià, antica espressione contadina legata alla lavorazione post vendemmia.

Arrivati a Lapio, al centro della via principale, due fratelli, Pietro ed Emanuela, hanno realizzato il loro sogno di aprire un winebar gourmet che tenesse unite le due grandi passioni della famiglia: il vino e la cucina.

La struttura scelta si apre come uno scrigno. Si entra in un ambiente moderno con colori vivi e foto a grandezza d’uomo, certamente un invito a farsi fotografare o fare da sfondo ai propri selfie.

Fatti pochi passi si entra nella storia: un’antica cantina, con un arredamento moderno, tutta in pietra e archi a botte, la quale, sontuosa, “osserva” le storie che giorno dopo giorno si vivono e si sono vissute ai suoi piedi. Proprio l’ambientazione è un invito a “restare”, a soffermarsi, a staccare dalla routine. Ma, soprattutto, a sorseggiare il piacevolissimo fiano della cantina Filadoro, azienda di famiglia.

Ci accoglie il giovane Pietro, patron e tutto fare. Il suo lavorare nelle vigne di famiglia ed il compiacersene sono la vera speranza per chi crede ancora che dalla “terra” possa esserci un futuro per il territorio irpino caratterizzato dalle specialità enogastronomiche di eccellenza. Ad accompagnarlo nella gestione della sala, l’altrettanto giovane Emanuela, all’apparenza più austera e concentrata, attenta a far sentire a proprio agio gli avventori.

Il tema dei giovani che investono in se stessi e nei propri talenti viene confermato dalla scelta di affidare la cucina all’anch’egli giovanissimo Vincenzo Cascone. La sua “giovinezza” è espressa a pieno nei piatti: colori, stile, irruenza (nel senso più positivo che si possa dare), i quali lo “iniziano” alla lunga esperienza culinaria che dovrà affrontare (ma la sua volontà e la sua visione ci fanno ben sperare).

Birrando… a Natale

di Tiziana Ciardiello

Siamo ad Avellino e precisamente al dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi di Napoli Federico II insieme a Marco Maietta dell’Associazione “Birrando… Si Impara”. L’evento è dedicato “Alla scoperta delle birre di Natale”, dette anche “Kerstbier” ovvero quelle birre dalle caratteristiche belghe che non appartengono ad uno stile birrario ben preciso.

Ma, allora, quali sono le birre di Natale?

Sicuramente si fa riferimento a quelle caratterizzate da aromi “caldi” che rappresentano, per l’appunto, il Natale: la cannella, la buccia d’arancia, il coriandolo, i chiodi di garofano, l’anice stellato, il ginepro.

Diverse nazioni esprimono la propria birra di Natale. L’Italia lo fa in modo clamoroso, probabilmente per il rapporto di filiazione che è esistito tra il movimento italiano e quello belga. Parliamo di Strong Ale molto aromatizzate.

“Birrando… Si Impara” ci omaggia di due degustazioni a sorpresa.

La prima birra spillata si presenta con una schiuma color crema, dalla grana sottile e dal colore mogano con riflessi rame. Al naso emana sentori dolci: miele e caramello che si confermano al gusto, con l’aggiunta di agrumi canditi. La bevuta è equilibrata e corposa. A fine degustazione scopriamo che si tratta della “Leffe noel”, birra consigliata in abbinamento al classico panettone di Natale.

La seconda birra in degustazione ha una spillatura a caduta, stile tedesco. È una classica “da meditazione”, dal colore ebano e senza molta schiuma, proprio per l’assenza di gas. Un’esplosione di profumi la caratterizza: caffè tostato, liquirizia, cannella, chiodi di garofano, anice stellato, coriandolo, buccia d’arancia, noce moscata. Tutti aromi che ritroviamo anche al gusto. Il sorso è persistente ed equilibrato. “A babbo morto”, questo il nome della birra dai cinque malti, è stata prodotta per uso proprio (ahinoi!) dagli amici di “Birrando… Si Impara”. Essa si abbina perfettamente ai classici dolci natalizi delle nostre zone. Consigliatissima da accompagnamento al “mustacciuolo”.

L’evento dell’Associazione “Birrando… Si Impara” in collaborazione con il Dipartimento di Agraria di Avellino sembra essere solo il primo di tanti altri al quale con piacere parteciperemo e magari potremo riassaggiare insieme “A babbo morto” e confrontarne le caratteristiche organolettiche a distanza di un anno.

IL SEGRETO DI PULCINELLA dove la tradizione ha fatto posto alla ricerca.

Di Renato Maffei

Nella cornice di uno dei borghi più belli d’Italia, Montesarchio, Giuseppe Bove si propone con un classico della tradizione gastronomica italiana: la pizza. Lo fa da “figlio d’arte” (è alla terza generazione di cuochi), e da ex cuoco.

La sua formazione da piazzaiolo si sviluppa essenzialmente con la ricerca e la sperimentazione. Quando, infatti, gli abbiamo chiesto “come nascono le tue pizze”, Giuseppe ci ha risposto, con la schiettezza che lo contraddistingue, “chell’ ca me passa p’ ‘a capa, chell’ faccio” (quello che mi sovviene alla mente è ciò che realizzo).

Bove non si adegua alla moda, anzi la sfida. Sin dal 2012, anno della sua prima pizza, segue la stagionalità, ma lo fa con intelligenza e scegliendo accuratamente i propri fornitori, privilegiando il biologico, il km0 e il sostegno alla “artigianalità” locale. Citiamo, ad esempio, la riuscita scelta (almeno per quanto ci riguarda) di variare mensilmente la carta delle birre artigianali.

La sala, rinnovata e ampliata da pochi anni, si rifà ad un arredamento moderno senza troppe pretese. Il locale dove il maestro Bove sperimenta è racchiuso all’interno di una “vetrina” dando l’idea che la sua “creazione gastronomica” faccia parte di un film a cui i commensali possono assistere. Il risultato delle creazioni è unico: esteticamente sono complesse ma eleganti.

Il gusto … lo lasciamo a quelle che saranno le vostre sensazioni ed emozioni. A noi, ci hanno emozionato. Gli abbinamenti ed i contrasti dei vari gusti sono la rappresentazione della scomposizione di piatti (ed in questo rivediamo il Bove cuoco) riproposti come topping sulle pizze.

Non possiamo non citare il riconoscimento ottenuto dal Segreto di Pulcinella pizza che è entrata a far parte delle migliori cento pizzerie d’Italia de “L’Espresso”.

con Giuseppe Bove