LA TAVERNETTA, cena con vista su Tavolara

a cura di Chiara Trò (@calicivagabondi)

Terrazza

Durante le mie vacanze in Sardegna sono stata a mangiare presso il Ristorante “La Tavernetta” che si trova in località Porto Taverna, nel comune di Loiri Porto San Paolo, in Gallura. 

Frequentando queste zone da moltissimi anni, non può mai mancare, durante le mie estati sarde, almeno una cena in questo locale.  

Ci troviamo vicinissimo alla spiaggia di Porto Taverna con vista direttamente sulla maestosa Isola Tavolara, montagna di calcare e granito che domina la costa nord-orientale della Sardegna.  

All’entrata del ristorante mi accoglie, sempre con grande gentilezza, il titolare Pino Manfredi. 

   

Il suo locale è piacevole, i tavoli sono curati e provvisti di luci soffuse che creano una bella atmosfera di intimità.   

La vista su Tavolara è impagabile.  

La mia cena è iniziata con un must, che aspetto ogni inverno… la loro degustazione di antipasti: sfiziosi assaggini presentati su un bellissimo piatto dai colori del mare.  

Antipasti

La selezione quella sera prevedeva dei cubi di salmone marinato agli agrumi accompagnati da una salsa allo yogurt, della rana pescatrice condita con una crema allo zafferano, una polpetta di baccalà su un letto di salsa rosa, una tartare di tonno con emulsione di sedano e mela, polpo grigliato croccante accompagnato da una vellutata di patate, zafferano ed olive taggiasche ed infine la mia passione…un gambero in pasta kataifi sopra ad una spennellata di maionese al curry. 

Gamberi in pasta Kataifi

In seguito, ho optato per una fantasia di gamberi in due cotture differenti: grigliati ed in pasta kataifi (visto che mi piacciono così tanto li ho ripresi…) . La pasta kataifi è una sorta di pasta fillo di origine greca tagliata in sottilissimi fili che, con la frittura del gambero, diventano croccantissimi.  

Il dolce del gambero e lo speziato della maionese al curry creano un contrasto perfetto.   

Gamberi grigliati

Dulcis in fundo mi sono lasciata ispirare dal tris di dolci… un cannolo friabilissimo ripieno con crema di nocciola, una mini crostatina con crema pasticcera e fragole ed un raviolo fritto con ripieno di ricotta ricoperto da un velo di miele.  

Spumante Asinara

La carta dei vini è ampia e varia, con una bella selezione prevalentemente di vini sardi ma sono presenti anche etichette nazionali ed internazionali. 

Vista la serata caldissima ho optato per delle fresche bollicine sarde della Tenuta Asinara, azienda che si trova a Sorso, in provincia di Sassari, che dà direttamente sul Golfo dell’Asinara.  

Il loro “Birbante” Rosè è un fresco e piacevolissimo metodo Charmat Brut ottenuto da uve Granache, Merlot e Syrah.  

Al calice si presenta di un bellissimo rosa tenue brillante con un perlage fine e continuo. 

Al naso esprime note fruttate di fragoline, ribes e lamponi che ben si abbracciano a delicate note floreali.  

Al palato è fresco, sapido e dalla buona persistenza. La beva è piacevolissima e ben si è abbinato ai piatti scelti.  

Tra i tavoli girano Maria e Francesca che seguono i clienti sempre con il loro il sorriso e la loro professionalità. È bello rincontrarle ogni estate.   

Mentre scrivo questo articolo la mia vacanza ormai è finita e ho già nostalgia di quelle belle serate… 

Tris di dolci

Ristorante al Molo – Il sogno di Graziano e Fabiana

Passeggiando lungo la spiaggia della Marina di Aequa, trasportati dalla brezza marina e il verde delle colline circostanti inizia il nostro viaggio alla scoperta di una piccola insenatura della Costiera Sorrentina.
Sulla Baia di Seiano bagnata dal colore smeraldo e avvolta dal profumo della cucina partenopea si trova il “Ristorante al Molo” sospeso su un piccolo molo con vista su colori, odori e suoni che ti trasportano in un paradiso di felicità.

IL MOLO


Quando si dice che le apparenze ingannano, questo è il caso del Ristorante al Molo, un ristorante gourmet su un lido. Da una piccolissima cucina la Chef Fabiana Scarica esprime la sua passione e attenzione al particolare per trasportare i commensali in un percoso di gusto accompagnato dalle sfumature del tramonto, dalla colonna sonora delle onde che si infrangono sul molo e dalla vista sul Vesuvio. POESIA!!!

Tonno alla puttanesca


L’estro e la fantasia della Chef nascono dalla sua forte passione, mamma in giovanissima età, sperimenta amatorialmente gli abbinamenti in cucina. Si forma con i classici della letteratura italiana per poi successivamente rischiare il tutto per tutto scegliendo il meglio. Frequenta l’accademia Alma di Gualtiero Marchesi, esperienze anche in grandi ristoranti del territorio con Gennarino Esposito e Don Alfonso 1890. Nel 2017 arriva il riconoscimento del suo estro e talento vincendo il talent show TOP CHEF ITALIA .

IL Tramonto


Temeraria e determinata a raccogliere e ad affrontare nuove sfide, accompagnata dalla solarità del suo sorriso, si lascia trasportare nel progetto Ristorante Al Molo.

Alici, Zucchine e Cozze


A dar vita a questo progetto c’è l’idea lungimirante dell’imprenditore Patron Graziano Abruzzese che vuol portare l’alta cucina su un lido.
Sul molo ci sono circa trenta posti, sedute bianche e tovagliato colore su colore , spiccano sul legno bruno del pontile.

Capesante, Mango e Frigitelli


Siamo arrivati al tramonto quando la luce ci coccolava sguardo e anima, abbiamo assaporato un aperitivo di benvenuto godendoci il Vesuvio che maestoso governa il mare.
Come da tradizione abbiamo lasciato alla Chef massima libertà sul menu per esprimersi al meglio.
L’esperienza diciamo subito è stata coinvolgente, tutte le portate hanno mostrato un comune denominatore , il colore. I colori sono gli elementi caratterizzanti di una cucina studiata per completare il puzzle del ristorante. In particolare segnaliamo:
Alici, zucchine e pistacchio; Risotto, melanzana, seppia e pomodoro; Cioccolamitanto.
Una menzione speciale va al Pulled Pork con Scampi crudi, crema alla nduja e marmellata di aracia, abbiniamo un Greco di Tufo Cantine di Marzo, ottimo corpo con predominanza delle durezze, fruttato, floreale con una grande sapidità . Si percepiva già al naso il salmastro, chiude secco con grande persistenza. Possiamo certamnete sostenere che la ricercatezza, l’accostamento e l’equilibrio dei gusti fanno di questo piatto una portata da ristorante di grande blasone. Brava Fabiana!!!

Pulled Pork , Scampo e Arancia


La chicca della serata, a “furor di tavolo” è stato il pre dessert, una mini brioche con granita al gusto di melone, da far invidia alla “Grattata” siciliana.

Risotto, Melanzana, Seppia e Pomodoro


Conclusa la serata, le onde e i sorrisi di alcuni ragazzini, che si godono il mare fino a tarda notte, sorseggiando un passito di pantelleria, ricorda a tutti noi la meraviglia della vita.

Limone , Meringa e Basilico


Volete un posto ricercato, riservato, che lasci senza fiato, spendendo anche il giusto? Andate a trovare Graziano e Fabiana due veri sognatori.

Mini Brioche


Torneremo? … forse già domani.

Con Graziano Abbruzzese e Chef Fabiana Scarica

I Salotti del Patriarca: una cena toscana e il futuro visto da chef Maccari.

Immaginate di andare a cena da quell’amico che ha la casa bella, classica ed elegante con tanti dettagli da scoprire. “I Salotti del Patriarca” ricorda proprio questa casa: un posto dove lasciarsi coccolare, corpo e spirito, dagli “amici” dello staff di sala e dalla chef Katia Maccari.

Siamo in località Querce al Pino, a Chiusi, nella provincia senese.

Un viale fatto di piccoli ciottoli, dalla strada ti porta su uno spiazzo. Da qui ammiri l’antica residenza del XIX secolo, amabilmente ristrutturata, caratterizzata da un piacevole rosso pompeano e da muri in pietra. L’ospite si sente accolto e “avvolto” da questa suggestiva cornice di verde e di arbusti in fiore.

Passeggiando per i “salotti”, passo dopo passo, siamo accompagnati dal campano Sommelier Orlando Bottillo. Lungo il percorso, non passa inosservato un prosciutto di cinta senese, adagiato sul tavolo che ci strizza l’occhio per dirci “tranquilli, ci vediamo tra un po’”. Se non ce lo avesse “fatto capire”, glielo avremmo fatto capire noi.

Un ampio tavolo tondo, perfettamente apparecchiato, in una sala adiacente a quella principale ci attende. Lo staff tutto di sala si adopera per farci sentire a nostro agio nel “salotto di casa”.

Dal tavolo intravediamo una porta, che pare racchiudere un vero e proprio scrigno: si vedono bottiglie elegantemente sistemate che sono parte di una cantina molto più ampia e variegata. Il sommelier ci ricorda che la cantina de “Il Patriarca”, un tempo, ha avuto qualcosa come 4000 etichette: pura meraviglia.

Un bellissimo Champagne De Sousa Tradition ci accompagna nella scelta dei due menu (in realtà sono 3, ma, dopo la vista della cinta senese, quello vegano era già accantonato -ove mai fosse stato preso in considerazione-).

Altra chicca che ci ha colpiti sta nel fatto che la proprietà produce, con l’azienda agricola, gran parte degli ingredienti che vengono utilizzati per i piatti: dalla pasta alle carni (suini e agnelli), ma, soprattutto, il proprio extravergine.

Si è optato per … entrambi naturalmente: il primo, il “Classico”, che, al suo interno, ha tutti i piatti che hanno reso stellata chef Maccari, la quale conserva la sua stella dal lontano 2005. “Evoluzione” invece è il menu che si specchia nel futuro: radici ben salde nella tradizione della cucina del bel paese e che amplia gli orizzonti provando, con successo, a guardare oltre.

Non possiamo non segnalare, in particolare, il “Lollipops, ricciola e limone, inside, burro vegetale al cioccolato bianco e sale maldon affumicato, outside”, servito nell’entrée; i “Bottoncini di patate e pecorino”, gli “Spaghetti alla chitarra”, il “Risotto al vino Nobile” e il “Filetto di Chianina”. Portate che fotografano alla perfezione le doti, già ben note, di Katia Maccari e la sua brigata.

A fine serata, abbiamo incontrato la chef. Abbiamo avuto conferma di quello che si era percepito dai suoi piatti: una donna forte, decisa, poche parole ma dette con grande personalità e, allo stesso tempo, donna gentile e disponibile al dialogo (nonostante fosse ormai tarda sera!).

Certamente un plauso va al sommelier Orlando Bottillo per essere stato capace di emozionarci col suo servizio impeccabile e la sua proposta alla scoperta di vini di nicchia della Toscana.

Somaio bio della cantina Croce di Febo, un macerato di grande carattere che affina in anfore di cemento e viene (come in etichetta) pigiato con i piedi rimembrando i tempi che furono. Rosso di Montepulciano della cantina Macchiane ottenuto da Prugnolo Gentile in purezza. Poggio ai Chiari – Fabio Cenni Colle Santa Mustiola, supertuscan a base Sangiovese da ben ventotto cloni diversi di cui cinque prefillossera, affina per sessantasei mesi (in commercio attualmente la 2011!).  Infine, un colpo di classe: ci ha proposto un whisky torbato scozzese (straordinario!) accompagnato da latte e acqua ghiacciata… Chapeau!

Come pure è da segnalare una carta delle acque completa e ben strutturata con proposte nazionali ed internazionali.

Torneremo? Certamente, anche perché c’è una faraona che ci aspetta: vero chef?

Evento del Gambero Rosso – La Forza del Territorio – Cena alla Taverna Calabiana con abbinamento dei vini della Cantina Albinea Canali

a cura di @miry_andre

Siamo abbonati alla bellissima rivista del Gambero Rosso da un annetto e seguiamo anche la pagina Facebook; proprio su quest’ultima abbiamo scoperto il Tour La Forza del Territorio che viene organizzato ormai da due anni.

Quello che ci ha subito colpiti è il loro obiettivo, che come si può leggere nella pagina dedicata, mira a “ dimostrare che cucina popolare, oggi, non definisce più una proposta di bassa gamma” e tradizione non evoca più “il vecchio”, ma al contrario significa guardare indietro” nella filiera per correre avanti con la cucina, proiettandosi nel futuro e che è il rapporto con il territorio a definire la qualità della proposta.”

Il tour si articola in 10 cene che coprono tutto il Paese, valorizzando la cucina regionale che viene accompagnata dalla cantina Albinea Canali,  produttrice di Lambruschi per tutti i gusti, nelle sue diverse tipologie.

La location scelta per Milano è la Taverna Calabiana, in zona Corvetto, ristorante che si occupa di cucina piemontese, lombarda e ligure. L’evento è organizzato all’esterno, nel loro giardino, e mentre ci conducono fuori, attraversiamo l’ingresso con quella grandissima e scenografica bilancia e le altre sale molto curate. Ci fa accomodare il proprietario Alessandro Roggero che si mostrerà sempre disponibile per tutta la serata a rispondere alle nostre curiosità e ad assicurarsi che tutti siano serviti e soddisfatti.

C’è subito un’atmosfera divertente, frizzante e, anche se devono ancora arrivare molte persone nei tavoli pronti per l’evento, iniziamo quasi subito con una bella bollicina di benvenuto, Ottocentorosa, Spumante Extra Dry, un meraviglioso rosato di Grasparossa e Sorbara che ci inebria di fiori come violetta e rosa, ma anche piccoli frutti rossi, insomma una piacevolissima partenza!

Nel frattempo si avvicinano ai tavoli anche uno dei responsabili della guida, Vini d’Italia del Gambero Rosso, William Pregentelli, (Wow, che emozione! Conosciamo molto bene questa guida!!) con il quale parleremo a lungo di vino nel corso di tutta la serata, e Pietro Simone, in rappresentanza della cantina, che ci racconta un po’ la loro storia.

Si dà inizio alle danze con gli antipasti: baccalà mantecato, cotecone piacentino in salsa verde e cappon magro, un piatto povero a base di pesce e verdura della tradizione ligure; sono molto gustosi tutti e tre, e vengono accompagnati con un Metodo Classico Brut, Degorgement 2022, un magnifico fresco connubio di Grechetto Gentile e Lambrusco di Sorbara dal sentore di fiori bianchi, perfetto per questi tre piatti.

A questo punto arrivano un paio di fette di pizza (sì, questo ristorante è noto anche per le ottime pizze!) una più goduriosa dell’altra: porro e gorgonzola, taleggio e fiori di zucca, abbinate a Meares, IGT Lambrusco Semisecco, che si distingue subito per il colore rosso rubino acceso e i sentori di ciliegia e amarena.

E’ il momento del primo piatto, ravioli fatti in casa al ragù bianco, che esplodono in bocca con un gusto avvolgente e saporito: li accompagna  egregiamente un IGT Emilia Lambrusco Semisecco, 1936 Biologico, con un profumo intenso sia di spezie, che di frutti rossi e un bellissimo colore in cui danzano le bollicine tipiche.

La costata di angus alla brace ci lascia letteralmente senza parole, a partire dalla vista: solo a guardarla si pregusta la tenerezza e la freschezza di questa portata prelibata ed infatti quando la assaggiamo, non delude, anzi sorprende e ci lascia davvero estasiati, come il Lambrusco in abbinamento Ottocentonero, altra chicca particolare della cantina.

A conclusione di questa bella cenetta allegra e spensierata arrivano i dolci: optiamo per un tiramisù e un gelato al mascarpone con fichi caramellati, come consigliato da Alessandro, e ce li dividiamo perchè siamo curiosi di assaggiare entrambi, che infatti sono deliziosi. Li accompagna uno Spumante Millesimato Extra Dry, Stellato, dai sentori di mango, ananas e papaya, con un finale però di agrumi.

Gustiamo gli ultimi sorsi di vino, godendo del bel venticello rinfrescante che ha accompagnato tutta la serata, chiacchierando e guardandoci intorno: c’è parecchia gente e sembrano tutti piacevolmente soddisfatti  e allegri come noi.

Crediamo sia stata davvero una bella idea, questa del Tour del Gambero Rosso, perché davvero merita sia per il pensiero che c’è dietro, che per la valorizzazione dei luoghi, della tradizione, del territorio e delle cantine, quindi di tutte le persone che lavorano per dare lustro all’enogastronomia italiana! Consigliamo, quindi, di provarla assolutamente, anche perché è veramente interessante il rapporto qualità/prezzo della proposta.

Concludiamo con un ringraziamento speciale a tutto il personale di sala  per la gentilezza e la professionalità, in particolare al simpaticissimo Giovanni, per averci rabboccato il bicchiere più di una volta e aver avuto la pazienza di aspettare di farmi fotografare le varie bottiglie; un super grazie anche al proprietario Alessandro Roggero, per i racconti, la disponibilità e la passione con cui svolge questo lavoro e che ha fatto in modo che tutto funzionasse così bene.

LI FINISTREDDI-OSTERIA GOURMET: vista mozzafiato e tradizione.

a cura di Paolo Formato

Sulla sommità di una collina nel mezzo del golfo di Cannigione abbiamo trovato Li Finistreddi – Osteria Gourmet – che offre una vista mozzafiato, che spazia tra le montagne granitiche della Gallura fino all’isola della Maddalena.

In questo territorio affascinante, lo chef Giuseppe Spandri, di origini lombarde, sviluppa una cucina attenta all’innovazione, dinamica ma sempre ancorata al territorio, ai suoi prodotti e alle sue tradizioni.  

La sala è arredata con gusto ed eleganza con delle grandi vetrate che consentono, soprattutto al tramonto, di godere di un panorama unico. Molto curato anche il giardino dove, nelle sere d’estate, è possibile cenare a bordo piscina con candele e luci soffuse perfette per creare un momento di intimità o semplicemente di relax.

Dopo esserci “saziati” la vista, spaziando tra i diversi colori delle rocce, piante e fiori fino a tuffarci con lo sguardo nel blu intenso del mare, decidiamo che è arrivato il momento di accontentare anche il gusto.

Ed ecco che in nostro aiuto arriva Paolo, maitre dal sorriso gentile e dall’attenzione ai particolari, al quale ci affidiamo per degustare i piatti più rappresentativi della loro cucina.

Si parte con un crudo di ricciola accompagnato da lamponi, il cui contrasto è decisamente piacevole e fresco, che nel voler esaltare il “semplice” ed autentico sapore della materia prima sembra richiamare un piatto di sushi.

Il richiamo alla cucina orientale, alla sua leggerezza ed alla autenticità dei sapori, con il quale lo chef esalta i prodotti del territorio, trova conferma nel Filindeu al nero di seppia in brodo di crostacei.

Una pasta della tradizione sarda, caratterizzata da un intreccio di fili, fatta a mano da una pastaia (la mano femminile più sottile si presta meglio a questa lavorazione) con una tecnica sempre meno conosciuta, è immersa in un gustoso ed equilibrato brodo dal sapore di mare e profumi dell’orto, che sul fondo del piatto non può che essere inzuppato con le diverse tipologie di pane fatte in casa e servite con diversi ripassi.

Oltre al pane carasau nota di merito, a nostro avviso, per il pane casareccio sardo ed il pane con uvetta.  

Ci perdiamo di nuovo con lo sguardo al di là della vetrata sorseggiando un Vermentino di Gallura della cantina Animas, anche questo scelto per noi dal Maitre in assenza (temporanea) del sommelier, dai sentori fruttati e floreali e dal gusto fresco e di buona mineralità.

Ritorniamo a guardare la tavola per l’arrivo di un filetto di rombo, su crema di patate, punte di asparagi e broccolo cinese, piatto in cui l’ingrediente principale è protagonista. La sapidità naturale del pesce non viene contaminata da condimenti o sapori che ne coprano il gusto, il chè lo rende semplicemente buono.

Nessun momento di gusto può dirsi alla fine se non quando si arriva al dolce e siccome a noi non piace lasciare le cose incompiute decidiamo di proseguire. Decidiamo di assaggiare il Pardula scomposto su crema allo zafferano e gelato alla pompia ed un Morbido al Cioccolato con Frutti rossi caramellati e Crumble alla nocciola, che rendono il nostro palato definitivamente soddisfatto.

Il mirto, immancabile, e l’amaro della casa vengono serviti con dei mignon di cui la pralina al cioccolato e frutto della passione spicca su tutti.   

Ci resta ancora il tempo di intrattenere una piacevole conversazione finale con Giuseppe e Paolo, sotto uno splendido olivo della terrazza all’aperto nella quale, oltre a cogliere una forte passione per il loro lavoro ed un solido legame con il territorio e le sue tradizioni, apprezziamo la cordialità e la gentilezza.

A presto rivederci.

CANTINE CONTUCCI: l’umiltà della nobiltà.

Scrivere delle Cantine Contucci non è semplice. La storia, le emozioni, le bellezze artistiche, la manualità, il duro lavoro, i vini. Tutti questi elementi “raccontati” da Andrea Contucci ci hanno lasciato senza parole (positivamente!).

Innanzitutto, Andrea. Una persona che si dona e dona tutte le sue esperienze, conoscenze, la storia personale e quella della sua famiglia. Lui incarna lo spirito di un territorio, di una famiglia, di una tradizione, di uno dei vini storici della nostra Italia.

Siamo a palazzo Contucci. A rendere il palazzo unico, tra gli altri, vi è la “mano” dell’architetto, di epoca barocca, Andrea Pozzo.

La storia della famiglia Contucci risale addirittura all’anno 1008 (anno del documento in cui si parlava per -probabilmente- la prima volta di un certo “Ser Conte”, antesininano) secondo le ricerche e le “testimonianze” ritrovate dalla stessa famiglia. Con grande fierezza Andrea ce ne parla e, nel corso della visita privata al palazzo, ci presenta, tra gli altri, uno stendardo, a lui donato, posizionato sull’affascinante scala che porta alle stanze private, che rappresenta proprio, per la metà, lo stemma dei Contucci: un unicorno. Il drappo addirittura raffigura l’unione tra la famiglia Contucci ed un’altra famiglia fiorentina le quali, probabilmente, tramite matrimonio si sono unite.

Il grande salone delle feste (opera d’arte vera) affrescato (intorno al 1700 in occasione di un matrimonio) ci lascia a bocca aperta. Sensazione arricchita dall’emozione di trovare un giovanissimo musicista della famiglia Contucci, Gabriele, esercitarsi con il suo violoncello al centro della sala, accompagnando dolcemente il racconto di Andrea.

All’interno della sala un “forte piano” che ci rimanda ad un passato ricco di storia, di arte e di cultura. La famiglia Contucci, oltre ad essere (probabilmente) una delle cantine che di più hanno reso “nobile” il vino di Montepulciano, è, infatti, ricca di artisti, rappresentata, tra gli altri, dal soprano Eleonora Contucci.

La famiglia Contucci decide di insediare al centro di Montepulciano la sede delle proprie abitazioni e della cantina (produzione e vendita). E’ affascinante il cortile privato ove, oltre all’accesso alla cantina, racchiude gli ingressi delle varie componenti familiari: un condominio di elevato interesse storico-artistico, di una nobile famiglia, ma dove il legame con la tradizione e con gli affetti personali è stretto e, al contempo, aperto al territorio. Anche la scelta di lasciare la produzione proprio nella piazza centrale di Montepulciano (certamente più scomoda), rispettandone il decoro e le istituzioni che a fronte risiedono, è segno di un volersi donare con umiltà (anche) ai tanti turisti e visitatori. E’ segno di caratterizzazione per Montepulciano senza velleità di monopolizzazione, ma con grande senso di unione e apertura.

La visita alle cantine conferma il fascino che Andrea ci ha rappresentato sin dalla umile concessione di farci approdare al privato dei Contucci. Traspaiono il “nobile” lavoro e i sacrifici che la famiglia Contucci e i suoi preziosi collaboratori fanno da centinaia di anni.

“La cantina è sempre aperta” esordisce Andrea. E con lui inizia la visita al cuore dell’attività, ma, allo stesso tempo, è il cuore della storia di una famiglia che rappresenta anche la caratterizzazione socio-culturale di un intero territorio. A Montepulciano, infatti, vi sono tante altre cantine (basti pensare che su una produzione annua di circa 7 milioni del “Nobile di Montepulciano”, la famiglia Contucci detiene una produzione di sole 100 mila bottiglie), ma solo le Contucci non hanno mai cambiato proprietà e non hanno mai abbandonato la produzione a favore di una più comoda “fuori le mura”. La famiglia Contucci è proprietaria di 170 ettari di cui solo 23 sono vitati, su tre zone del grande territorio inserito tra la Val di Chiana e la Val d’Orcia.

Nella cantina invecchiano tutti i vini prodotti dai Contucci: il nobile di Montepulciano, prima D.O.C.G. d’Italia, il rosso di Montepulciano D.O.C. e il Vin Santo di Montepucliano D.O.C. L’unicità delle cantine Contucci, tra le altre, sta nel fatto che il “vino nobile” invecchia in tonneau e non in barrique. Le tonneaux di rovere, con una dimensione maggiore e, soprattutto, con lo spessore di legno molto superiore alle barrique, assicurano un invecchiamento di qualità grazie alla traspirazione lentissima. L’edificio, ex caserma militare, fatto di pietra e calce, assicura umidità e temperatura costante, altri elementi per la qualità dell’invecchiamento del vino.

Dopo la visita a tutti gli “anfratti” del palazzo (ci racconta Andrea che ci si arrangia per gli spazi, unico neo di lavorare in un palazzo storico e al centro di un paesino), Andrea ci accompagna nella vineria che da su Piazza Grande. Luogo certamente di degustazione dei vini Contucci, ma anche uno spazio di condivisione di sensazioni ed emozioni. Con lui, infatti, inizia una lunga ed affascinante degustazione. Il vino è protagonista ed è “narrato” da Andrea per trasmetterci un percorso a 360° su Montepulciano e sulla sua storia: si parte dal “Rosso di Montepulciano” e si prosegue con le etichette del “Nobile di Montepulciano”. Dal 2017 (vendemmia 2013), quando il Palazzo compie 500 anni, viene prodotta, ad esempio, l’etichetta Palazzo Contucci: una delle dediche principali alla famiglia Contucci. La grafica dell’etichetta fotografa ogni anno una rappresentazione nuova del Palazzo Contucci.

Tanto ancora si potrebbe dire, ma invitiamo tutti i nostri lettori, a farsi accompagnare nel viaggio da Andrea, proprio come ha fatto con noi. Come avrete capito, Andrea ci ha lasciati senza parole: si per il vino della sua famiglia, si per la storia, ma, soprattutto, per il suo donarsi agli altri senza boria (e lui, per quello che rappresenta storicamente e socialmente, potrebbe proprio permetterselo).

Siamo contenti di aver conosciuto l’essenza della famiglia Contucci la quale senza l’umanità e l’umiltà che si palesano in Andrea probabilmente sarebbe emersa al pari di altre. La vera “nobiltà” dei Contucci sta proprio nell’apertura e nel donare emozioni con il vino e con la loro storia.

Andrea: grazie!