VINITALY, un viaggio emozionante nel mondo del vino

a cura di Chiara Trò (@calicivagabondi)

Dal 10 al 13 aprile 2022 si è svolta la 54esima edizione della più importante manifestazione del mondo del vino e dei distillati a livello internazionale, Vinitaly.
Dopo l’ultima edizione del 2019 ed uno stop forzato causato dalla pandemia, finalmente questo importante appuntamento annuale è potuto ripartire.

Non nascondo l’emozione che avevo il giorno della mia visita, in quanto sapevo già che avrei assaggiato dei vini particolari e molto interessanti.
Appena sono entrata, passati i tornelli, ho capito che per me sarebbe stato come per un bambino entrare in un grande parco giochi e l’emozione mi ha travolto.

A Vinitaly espongono produttori di tutta Italia, dai vini eroici di piccole realtà alle aziende più grandi e note. Non solo vini “nostrani”; anche produttori provenienti da vari Paesi del mondo come Spagna, Francia, Argentina, Sud Africa e i meno noti ma in espansione Slovenia, Serbia e Macedonia.
Ogni padiglione è dedicato ad una regione italiana, tranne qualche eccezione per regioni più importanti e più produttive, le quali sono dislocate in più padiglioni.

Per questa mia prima volta a Vinitaly ho deciso di focalizzare la mia visita nel padiglione dei produttori esteri e di concentrarmi su questi vini.

Il primo assaggio è stato un vino sloveno della cantina Steyer, situata lungo il fiume Mura e vicino al confine austriaco.
L’azienda dispone di 20 ettari vitati ed è specializzata nella produzione di Gewürztraminer ma coltiva anche, per quanto riguarda i vitigni a bacca bianca, Chardonnay, Pinot Grigio, Riesling, Sauvignon e l’autoctono Ranina. I vitigni rossi sono Pinot Noir e Zweigelt.
La mia curiosità verso i vini particolari mi ha spinto a chiedere un assaggio del vitigno autoctono Ranina, chiamato anche Bouvier.
Di colore giallo paglierino dai riflessi verdolini, si esprime con dolci note di ananas e frutta tropicale seguite da sentori agrumati. Emergono anche sfumature leggermente speziate ma molto piacevoli e non invasive. Il vino matura esclusivamente in acciaio. Ideale come aperitivo o con piatti a base di carne bianca.

L’assaggio successivo mi ha colpito molto. Si è trattato di un vino rosso della Macedonia del Nord della storica cantina Tikveš Chateaux & Domaines, fondata nel 1885. L’aspetto interessante è che questa azienda si trova sulla stessa longitudine della Toscana, della zona di Bordeaux e della Napa Valley.

Qui ho assaggiato uno squisito vino rosso della loro Tenuta Barovo. I vigneti di questa zona sono collocati ad altitudini fino a 1100 metri e si possono considerare tra i più alti dei Balcani.
Il rosso che ho degustato è un blend di Vranec e Kratošija, vitigni locali.
Meraviglioso rosso porpora e con un naso molto fruttato: more e prugne secche intrecciate a leggeri sentori speziati. Vino che si accompagna bene a piatti a base di agnello.

Altro stand, altro assaggio. Questa volta è stato il turno di un vino serbo, della regione vinicola della Vojvodina.
Ho assaggiato uno Chardonnay della cantina Probus, azienda vitivinicola moderna. Il nome è stato dato in onore dell’imperatore romano Marco Aurelio Probo che nel 280 abolì il divieto di impiantare viti e le portò nell’attuale territorio della Suljamacka glavica, dove si trova la cantina.
Di colore giallo paglierino, questo Chardonnay si caratterizza per i sentori floreali, agrumati e marcati frutti tropicali. Parte del vino, come altri loro vini bianchi, è invecchiato nelle botti utilizzate per il rum e whiskey.

Tappa sicuramente meritata è stata lo stand di Vini di Francia – Prêt-à-Importer della bravissima sommelier Delphine Chemla. Da più di dieci anni Delphine importa per l’Italia pregiati e buonissimi vini francesi.
Ho voluto assaggiare un vino della Loira prodotto con Folle Blanche in purezza, vitigno che di solito viene utilizzato per la produzione dell’Armagnac e del Cognac.
In degustazione era presente il “Colere Folle Blanche” di Chéreau-Carré, della linea Vice&Vertus.
Di colore giallo paglierino, al naso spicca per i sentori fruttati e minerali. All’assaggio si caratterizza per una spiccata ma piacevole acidità e tocchi iodati e salini.
Abbinamento ideale? Sicuramente ostriche e crudo di pesce.

Una sola giornata sicuramente non è stata sufficiente per esplorare e assaggiare tutti i vini che mi ero prefissata di degustare ma, attraverso le bottiglie di vino, ho fatto un bellissimo viaggio nel mondo.
È stato veramente bello ascoltare le storie e le emozioni trasmesse dei vari produttori che mi hanno raccontato realtà vinicole molto diverse dalla nostra.

L’AROMATARIO: un equilibrio perfetto tra tradizione e innovazione

a cura di Chiara Trò (@calicivagabondi)

Siamo a Neive, piccolo e meraviglioso borgo medievale delle Langhe dove storia, tradizione, cucina e vino, ma anche innovazione, si fondono alla perfezione. I ristoranti infatti mantengono salda la tradizione gastronomica piemontese seppur con qualche tocco di modernità. Neive è territorio di produzione di grandi vini piemontesi, primo su tutti il Barbaresco DOCG, prodotto da Nebbiolo in purezza e meno austero del “vicino” Barolo.

Per questa mia gita langarola ho deciso di fermarmi a mangiare all’ “Aromatario”, grazioso e raffinato ristorante-enoteca nel centro del paese con la possibilità, volendo, di dormire in quanto dispongono di alcune camere.

La location è di impatto perché l’edificio è completamente ricoperto da un rampicante che in autunno assume suggestive sfumature rosso-arancioni e d’estate si colora di un brillante verde. Il ristorante si trova in una piazzetta affacciata su una distesa sconfinata di colline con vigneti e noccioleti.

L’interno è caratteristico con salette rivestite di mattoncini, tipici in quella zona, e una sala con le pareti ricoperte da scaffali di bottiglie di vini: si spazia dai grandi vini piemontesi ad una bellissima selezione di Champagne e spumanti piemontesi fino ad arrivare ad una interessante scelta di vini fermi esteri… per una appassionata di vino e sommelier come me…un vero paradiso!  

È presente, inoltre, una bella veranda luminosa che si affaccia sulla piazza e, durante la bella stagione, è possibile mangiare fuori ed ammirare la vista sulle colline.

Ma veniamo ai piatti. Qui, tradizione e innovazione si fondono in un equilibrio perfetto.

Non potevo non ordinare un must della cucina regionale ossia la carne cruda di fassona piemontese proposta in tre consistenze: la tradizionale battuta al coltello, in cubo e all’albese. Tutte e tre le versioni sono accompagnate da un giro di salsa al tuorlo d’uovo, indivia riccia e fiori e vinaigrette al limone. Veramente squisito!

A seguire ho assaggiato altri piatti tipici piemontesi. Su tutti, il tonno di coniglio: preparazione antica nata dall’esigenza di conservare il coniglio quando non esistevano ancora i frigoriferi. Il coniglio viene cotto con aromi e conservato sott’olio proprio come si fa con il tonno. Il coniglio era molto morbido e delicato, presentato sopra un letto di agretti ed insaporito da un’intrigante polvere di olive taggiasche.

Altro piatto è stato un altro “classicone” piemontese: il vitello tonnato. Una carne rosa e tenera con una salsa tonnata leggermente più densa del solito e presentata come una pallina di gelato al centro del piatto. Davvero ottimo!

Non ho saputo resistere, inoltre, alla tentazione di un brasato al Barbaresco con un meraviglioso purè e verdure di stagione spadellate: carne tenerissima e davvero succulenta.

Dulcis in fundo, il bunet (o bonet). Il tradizionale budino al cacao ed amaretti, cotta in forno a bagnomaria. Delizioso!

Ad accompagnarmi in questo percorso di piatti ho scelto un Barbaresco DOCG della cantina Fontana Bianca annata 2019. La cantina, del territorio neivese, è a conduzione famigliare. La vinificazione di questo Barbaresco avviene in acciaio. In seguito, il vino sosta in botti grandi e barriques per circa 12/15 mesi. Di colore rosso porpora con leggere sfumature granate si apre su nuance fruttate di prugna ed amarena per poi evolvere su note speziate. Al sorso è caldo, elegante e armonico. I tannini sono presenti ma non invadenti. Il finale è ricco, lungo e persistente.

Oltre alla qualità dei piatti ho apprezzato molto il servizio, con un personale giovane, gentile e preparato.

Dopo aver visitato Neive, Grinzane Cavour merita sicuramente una tappa con il suo maestoso castello, nel quale è possibile visitare il Museo delle Langhe: interessantissimo percorso nella storia del territorio tra cucina, vino e non solo. All’interno del castello è presente anche l’Enoteca Regionale dove si può acquistare buon vino.

Consigliatissima è la rilassante passeggiata tra i vigneti intorno al castello con un percorso didattico sulla coltivazione della vite e dei vitigni locali. Una sorta di museo a cielo aperto, molto interessante ed esaustivo. Piacevoli le tavole con i disegni della potatura, della cura della vigna e dei grappoli.